Cos’è il Metodo Feuerstein?

Chi è Feuerstein? Come si attua il suo metodo e che cos’è?

Chi è Reuven Feuerstein?

La storia di Reuven Feuerstein

Cos'è il Metodo Feuerstein?

Il concetto di fondo del metodo Feuerstein è la modificabilità cognitiva strutturale.

Come si attua il metodo Feuerstein?

Il metodo Feuerstein trova attuazione attraverso l’uso di due strumenti operativi: LPAD e PAS

Chi è Feuerstein?

Chi è Reuven Feuerstein?

Reuven Feuerstein, nato in Romania nel 1921 da genitori ebrei, trascorse a Bucarest infanzia e adolescenza, a tre anni sapeva leggere in due lingue, a otto insegnava l’ebraico ai bambini della comunità israelita di cui faceva parte.

Poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale Feuerstein insegnava in una scuola per i figli dei deportati di Auschwitz, fu arrestato nel 1944 e internato in un campo di concentramento da cui fuggì in modo rocambolesco e s’imbarcò verso Israele dove poi si occupò dei bambini scampati alla persecuzione nazista.

studio feuerstein

A contatto con questi, che certo non avevano goduto di condizioni di vita ed occasioni di apprendimento simili a quelle dei bambini normali, prese corpo la formulazione della modificabilità cognitiva strutturale. Si chiedeva quale forza permettesse ai bambini di dimenticare il dramma, di tornare a giocare. Di fronte a questi ragazzi maturò la convinzione che l’uomo è in grado di automodificarsi in modo significativo.

Feuerstein ha studiato psicologia a Vienna, a Ginevra con Piaget, a Parigi presso la Sorbona. Ha insegnato all’Università Bar Ilan di Israele e a Nashville (USA) come docente aggiunto. Nel 1992 ha aperto l’ICELP, un centro di ricerca, terapia e formazione che si riconosce la finalità di far raggiungere agli utenti un più alto livello di funzionamento cognitivo. Nel 1999 il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Torino ha conferito a Reuven Feuerstein la laurea honoris causa e nel 2006 L’Università Ca’ Foscari di Venezia. Fino alla fine ha continuato ad aiutare bambini e ragazzi ad esprimere al meglio le loro potenzialità, ad intervenire a convegni e conferenze al fine di diffondere la sua teoria della Modificabilità Cognitiva Strutturale, a scrivere libri e articoli che hanno portato le sue idee in tutto il mondo. Si è spento nella sua casa di Gerusalemme il 29 aprile 2014.

Cos’è il metodo Fueuerstein?

Cos’è il metodo Fueuerstein?

Il concetto di fondo del metodo Feuerstein è la modificabilità cognitiva strutturale.

Cosa significa?

Se l’intelligenza è un’entità plasmabile la cui plasticità si estende ben oltre l’infanzia, l’attività mentale è suscettibile di modificazione e di evoluzione a tutte le età ed in tutte le fasi del suo sviluppo.

Per cambiamento strutturale Feuerstein intende una modificazione stabile nel tempo della struttura cognitiva.

Prodotto finale è un funzionamento cognitivo autonomo, cioè: 

  • Corretto orientamento nello spazio;
  • Controllo ricco e completo del linguaggio;
  • Maturazione di abilità sociali;
  • Capacità di progettare nel futuro.

Obiettivo dell’apprendimento non sono azioni concrete, ma competenze conoscitive, cioè più che l’apprendimento di contenuti, quello di strategie di apprendimento. Scopo delle singole prove non è la soluzione ma la messa a fuoco del processo mentale attraverso il quale si arriva alla soluzione: come la mia mente ha ragionato? Quali strategie ha messo in atto? 

Nel modello di apprendimento proposto da Feuerstein gioca un ruolo essenziale l’esposizione agli stimoli dell’ambiente che già dai primissimi stadi dello sviluppo agiscono sull’organismo producendo cambiamenti. L’efficacia degli stimoli si protrae ben al di là dell’infanzia e influenza l’apprendimento per tutta la durata della vita a patto che vengano assicurati rinnovamenti e variazioni. Feuerstein, oltre a riconoscere l’importanza degli stimoli, individua un’altra modalità di apprendimento più articolata e complessa, caratteristica dell’uomo:

Il bambino impara non solo perché è esposto agli stimoli dell’ambiente ma anche e soprattutto perché tra lui e l’ambiente si inserisce una figura, un genitore, un familiare, qualcun altro che si prende cura di lui, che interviene esplicando una preziosa funzione di mediazione.

Il mediatore, guidato dall’intenzione, da tutto il suo patrimonio affettivo, emozionale ed intellettivo, seleziona ed organizza gli stimoli che devono arrivare al bambino, li filtra e li struttura. La prima mediatrice è la madre, la quale, ancor prima che egli controlli il linguaggio verbale, seleziona per lui gli stimoli, richiama e cattura la sua attenzione, crea situazioni in cui egli sia portato a richiedere la mediazione.

Attraverso il mediatore il bambino acquisisce una serie di apprendimenti, di comportamenti, di abilità operative, ad esempio l’organizzazione mentale, il controllo dell’impulsività.

L’esperienza di apprendimento mediato è dunque sostanzialmente un’interazione del bambino con l’ambiente, ma perché ciò avvenga occorre che l’interazione presenti precise caratteristiche, tra cui ad esempio:

  • Intenzionalità e reciprocità;
  • Trascendenza;
  • Mediazione del significato;
  • La mancanza di mediazione causa ritardo nell’apprendimento.

Tra i molti modelli possibili di atto mentale quello proposto da Feuerstein si rivela per la sua semplicità e immediatezza particolarmente agile: a scopo puramente didattico egli individua in ogni processo di pensiero tre momenti fondamentali, pur avvertendo che questa distinzione è artificiosa, in quanto nella realtà le tre fasi coesistono in una unità senza fratture o scissioni:

  • Una fase d’ingresso (input) in cui il soggetto, di fronte al problema in atto, raccoglie dati e informazioni;
  • Una fase centrale (elaborazione), in cui l’individuo elabora, seleziona, confronta i dati raccolti, elimina quelli non pertinenti: in altre parole utilizza le informazioni che possiede;
  • Una fase finale (output), in cui fornisce il risultato dell’elaborazione centrale e comunica la risposta.

Strettamente interagente con ciascuna delle fasi e in posizione centrale rispetto ad esse è un complesso di fattori emotivi e affettivi che giocano un ruolo ambivalente, nel senso che sono in grado di favorire un atto di pensiero, ma anche di ostacolarlo o addirittura di renderlo impossibile.
Ne deriva che fare metacognizione significa diventare consapevoli degli aspetti razionali e intellettivi del funzionamento mentale, ma anche delle emozioni che lo accompagnano e dei comportamenti in cui esso si esprime: chi riconosce, prima in se stesso e quindi nel suo allievo, le emozioni positive (curiosità, interesse, motivazione, senso di competenza) e le emozioni negative (paura, insicurezze, ansie, senso di inadeguatezza) che sempre accompagnano l’apprendimento, è poi in grado di sfruttare le prime e di compensare le seconde.

Secondo il modello proposto in ognuna delle tre fasi dell’atto mentale l’individuo fa entrare in gioco alcune funzioni cognitive che fanno la qualità dell’atto di pensiero o, al contrario, la cui carenza produce l’errore. In questa prospettiva l’intervento dell’adulto mediatore consiste nell’analizzare il pensiero scandendolo nelle sue tre fasi, per individuare all’interno di ognuna di esse le funzioni cognitive impegnate.

Le funzioni cognitive sono gli strumenti con cui l’uomo raccoglie le informazioni che provengono dall’ambiente in cui è inserito, le immagazzina, le analizza, le valuta, le trasforma per poi utilizzarle nel momento in cui agisce sull’ambiente che lo circonda.
È più facile osservare le funzioni cognitive che intervengono nella raccolta dati e nella comunicazione della risposta, in quanto queste sono le fasi più direttamente osservabili. Identificare le funzioni carenti significa diagnosticare le cause di una prestazione inadeguata. Sono infatti le carenze a livello di funzionamento cognitivo ad essere responsabili dell’insuccesso dell’atto mentale. Di fronte ad un errore, ad esempio una classificazione sbagliata, non è tanto importante rilevare che l’allievo non sa compiere quella determinata operazione. Per classificare l’allievo deve compiere determinate operazioni, come raccogliere dati in modo preciso e sistematico, rapportarsi contemporaneamente a due o più fonti d’informazione, confrontare tra loro oggetti o eventi. L’errore può essere dovuto sia all’incapacità di mettere in atto le operazioni logiche che governano la classificazione, sia ad una carenza di quelle funzioni che la classificazione presuppone.

La procedura corretta nel programmare un intervento didattico consiste nel verificare quale funzione cognitiva sia risultata carente e in quale fase dell’atto mentale si sia manifestata la carenza.

Esempio di funzione cognitiva carente:

  • Comportamento esplorativo non sistematico, impulsivo, non pianificato;
  • Mancanza di orientamento spaziale o di concetti temporali;
  • Comprensione episodica della realtà.

Come si attua il metodo Fueuerstein?

Come si attua metodo Fueuerstein?

Il metodo Feuerstein trova attuazione attraverso l’uso di due strumenti operativi:

 

  • La batteria per la diagnosi della propensione all’ Apprendimento (Learning Potential Assesment Device)
  • Il programma di arricchimento strumentale (P.A.S.)

 

LA VALUTAZIONE DINAMICA DEL POTENZIALE DI APPRENDIMENTO

 L’L.P.A.D. può risultare utile a:

  • Individui che presentano disabilità di apprendimento;
  • Studenti con persistenti difficoltà in alcune discipline;
  • Individui con sindrome di Down o altri deficit congeniti;
  • Individui interessati ad approfondire l’analisi del proprio stile cognitivo e a conoscere le loro potenzialità.

La Batteria  per la Valutazione del Potenziale di Apprendimento (Learning Potential Assessment Device), messa a punto dal Prof. Feuerstein, ha come obiettivo la valutazione della modificabilità del soggetto e del suo potenziale di apprendimento, piuttosto che del suo livello cognitivo di funzionamento manifesto attuale. Si basa sul principio che l’uomo è un sistema aperto, suscettibile di cambiamenti e modificazioni indotti dall’ambiente e che, quindi, l’intelligenza è un processo dinamico di autoregolazione in risposta all’intervento dell’ambiente esterno.

L’LPAD è un sistema di diagnosi rivolto ad individuare non solo le funzioni cognitive carenti, ma soprattutto le potenzialità dell’individuo. Ogni singola prova è da Feuerstein utilizzata all’interno di una sequenza costante che vede sempre alternati il momento della misurazione e l’occasione di apprendimento: il test è così praticamente una lezione che può durare alcune ore. L’intera Batteria L.P.A.D. è suddivisa in cinque sezioni, ciascuna delle quali  caratterizzata da una diversa modalità di approccio e da un diverso obiettivo, sempre, tuttavia la procedura d’intervento risulta regolata dalla sequenza: test – mediazione – post-test con l’obiettivo non tanto di misurare  campioni di comportamento che siano rappresentativi di abilità specifiche, quanto di sviluppare dei comportamenti non ancora acquisiti dall’individuo, fornendogli un’occasione di apprendimento caratterizzata da un alto livello di strutturazione e di intenzionalità.

LPAD BASIC

Esiste anche una batteria di strumenti ideati dal Prof. Reuven Feuerstein rivolta a bambini più piccoli o con consistenti difficoltà cognitive, per una valutazione precoce e un tempestivo intervento.

TZURIEL – PER I PIÙ PICCOLI

LA VALUTAZIONE DINAMICA PER I BAMBINI PIU’ PICCOLI (DAYC)

Il prof. David Tzuriel, basandosi sulla teoria della modificablità cognitiva del prof. Feuerstein, ha sviluppato una valutazione dinamica specifica per i bambini più piccoli, in età prescolare o frequentanti i primi anni della scuola primaria (DAYC, Dynamic assessment for young children). Per il test, di natura dinamica come l’LPAD e volto quindi a valutare la modificabilità del bambino piuttosto che il suo livello di funzionamento attuale, vengono utilizzati 6 strumenti, con i quali si possono svolgere diversi subtest. Gli strumenti hanno la particolarità di essere adatti ai requisiti evolutivi dei bambini più piccoli, hanno un aspetto attraente, simile a quello dei giocattoli e consentono la manipolazione. Le procedure di valutazione tengono conto dei tempi di attenzione relativamente brevi dei bambini. I materiali, pur essendo di natura concreta, permettono l’apprendimento di regole astratte.
Una valutazione attuata in età prescolare permette di individuare quanto prima le funzioni cognitive emergenti che necessitano di essere potenziate e di decidere quindi in materia di interventi cognitivi il più precocemente possibile.

Il programma di arricchimento strumentale

Il programma di arricchimento strumentale (P.A.S.) è strettamente collegato, sia storicamente che concettualmente, alla valutazione del potenziale di apprendimento (L.P.A.D.), che fornisce il contesto e le linee guida per l’individuazione delle modalità di intervento. Anche se l’L.P.A.D. non è condizione vincolante per l’adozione del programma P.A.S., è vantaggioso formare l’insegnante, a cui è affidata l’applicazione del programma strumentale, all’uso dell’L.P.A.D., in modo che possa osservare i tipi di cambiamenti che possono essere prodotti nelle strutture cognitive di un soggetto. Esso inoltre offre all’insegnante una prospettiva di che cosa dovrebbe essere il programma di intervento e dei risultati che si possono attendere se è applicato in modo adeguato.

L’arricchimento strumentale è un programma composto di due parti: un insieme di materiali, gli “strumenti”, e un elaborato sistema di insegnamento basato sull’esperienza di apprendimento mediato. I materiali consistono in un insieme di quattordici strumenti, gruppi di esercizi, i cui titoli descrivono ciascun contenuto specifico, come Organizzazione dei punti, Orientamento nello spazio, Percezione analitica, Confronti e Classificazione. Ogni strumento contiene una serie di esercizi “carta e matita”, che vengono presentati gradualmente e richiamati nel corso di tutto lo strumento per permettere al mediatore di esercitare un controllo sull’apprendimento prodotto dai compiti. La natura mediatizzata dell’interazione è evidente nell’attività di selezione, classificazione e organizzazione degli stimoli richiesta al mediatore.

Se dessimo allo studente la serie intera degli strumenti da eseguire autonomamente, egli probabilmente vi darebbe solo una rapida occhiata per soddisfare la sua curiosità, e non avremmo un’interazione produttiva con i singoli compiti.

Il programma viene iniziato preferibilmente all’interno di una situazione di classe, con un numero di alunni limitato e variabile in base al loro livello di sviluppo e al diverso bisogno di interazione con il mediatore. La preferenza data all’insegnamento di gruppo nasce dalla convinzione che, se il gruppo è guidato in modo appropriato dall’insegnante/mediatore, la diversità può alimentare il pensiero divergente e arricchire le interazioni dei partecipanti.

Il programma completo richiede circa trecento ore di applicazione, distribuibili in due anni, secondo il ritmo degli studenti. Il P.A.S. può essere applicato anche individualmente, quando se ne ravvede la necessità, ma mancheranno gli aspetti di socializzazione e di amplificazione dell’interazione nel gruppo..

Negli ultimi vent’anni, i programmi P.A.S. sono stati applicati anche a studenti con ritardo mentale, sordi, cerebrolesi, autistici e con difficoltà di comunicazione e/o di movimento. Il PAS è stato utilizzato, in Israele, anche con studenti classificati come incapaci di apprendere.

L’obiettivo principale dell’arricchimento strumentale consiste nel promuovere la propensione ad apprendere e ad essere modificati dagli eventi dell’apprendimento, non ha come obiettivo l’ampliamento del repertorio di conoscenze dell’individuo, si cerca invece di rendere lo studente capace di apprendere nuove informazioni e saperle utilizzare, di renderlo più efficiente nell’acquisizione di nuove strategie e più capace di trovare vie ottimali di risoluzione dei problemi.

Ogni strumento privilegia un obiettivo cognitivo specifico ed una serie di prerequisiti necessari per il raggiungimento di tutti i sotto-obiettivi del programma stesso.

L’elenco degli strumenti che vengono solitamente usati nel P.A.S. comprende:

  • Organizzazione dei punti
  • Orientamento spaziale 1°
  • Orientamento spaziale 2°
  • Confronti
  • Percezione analitica
  • Classificazioni
  • Relazioni familiari
  • Relations temporali
  • Progressioni numeriche
  • Istruzioni
  • Sillogismi
  • Relazioni transitive
  • Sagome
  • Illustrazioni

Tutti gli strumenti possono essere divisi in tre categorie:

  • Quelli accessibili anche in assenza di capacità di lettura e scrittura: l’Organizzazione dei punti, la Percezione analitica e le Illustrazioni;
  • Quelli che richiedono un livello relativamente basso nell’abilità di lettura e scrittura, ma che, con l’aiuto dell’insegnante, possono anche essere ugualmente proposti: l’Orientamento spaziale 1° e 2°, i Confronti, le Relazioni familiari, le Progressioni numeriche e le Sagome;
  • Quelli che richiedono l’autonomia della lettura, della scrittura e della comprensione: Classificazioni, Relazioni Temporali, Istruzioni e Sillogismi.

Ad eccezione di Illustrazioni e di Relazioni temporali, in ogni strumento le difficoltà e la complessità sono graduate, per cui ogni esercizio implica l’acquisizione delle abilità esercitate nelle pagine precedenti ed è una preparazione per le successive.

noemi e i punti metodo feuerstein

Ad eccezione di Illustrazioni e di Relazioni temporali, in ogni strumento le difficoltà e la complessità sono graduate, per cui ogni esercizio implica l’acquisizione delle abilità esercitate nelle pagine precedenti ed è una preparazione per le successive.

Ci sono alcune regole da rispettare per la somministrazione:

  • l’Orientamento nello spazio 1° precede il 2°;
  • i Confronti sono un prerequisito per le Classificazioni, le Relazioni transitive e i Sillogismi;
  • le Sagome seguono l’Orientamento nello spazio 2°, l’Organizzazione dei punti, la Percezione analitica, le Relazioni temporali, i Confronti e le Classificazioni.

Gli strumenti che non richiedono lettura e scrittura precedono quelli in cui è richiesto un buon livello in queste abilità. Dal punto di vista della motivazione degli allievi è sempre opportuno proporre due strumenti, alternandoli nelle lezioni, per evitare che ci siano per un tipo di esercizio difficoltà individuali particolari.

Tutti gli strumenti hanno una pagina di copertina con lo stesso disegno: un bambino che pensa e uno stesso motto, “Un momento… sto pensando!” con un disegno relativo alle caratteristiche dello strumento. Ogni pagina di copertina deve essere utilizzata per introdurre lo strumento e per suscitare la curiosità, le aspettative e la motivazione ad affrontare lo strumento. L’immagine contenuta nel riquadro sottostante il ragazzo rimanda al contenuto specifico. Ad es. nella copertina di Organizzazione di Punti, attraverso la discussione in classe, il mediatore sollecita la riflessione sul fatto che l’uomo ha organizzato degli elementi del mondo circostante (le stelle) in funzione dei propri bisogni (l’orientamento) stabilendo quindi delle relazioni virtuali mediante il pensiero. Ogni strumento è diviso in unità (che variano rispetto al livello di richiesta secondo i seguenti parametri: contenuto, modalità di presentazione, operazioni mentali e funzioni cognitive attivate, complessità, astrazione, efficienza richiesta) ed ha talvolta anche una seconda copertina per suscitare le ipotesi sull’abilità che si affronta nello strumento e sulla generalizzazione su altri aspetti della realtà. Le ultime pagine di ogni unità servono anche come verifica delle abilità acquisite. Ogni strumento sollecita, in particolare, lo sviluppo di alcune funzioni cognitive attraverso un percorso progressivo e gerarchizzato che viene condotto, chiarito ed individualizzato attraverso l’intervento del mediatore.

Ogni strumento ha come obiettivo il superamento delle difficoltà in una funzione cognitiva e tutti gli strumenti si possono considerare esercizi senza un contenuto specifico (scolastico). Essi non sono neppure esercizi di pura logica, ma sono attività che si traducono in capacità applicabili alla vita scolastica e quotidiana. Una descrizione dei sotto-obiettivi del programma aiuterà a comprendere meglio in che cosa consista e le tecniche utilizzate:

 

1.

Correggere le funzioni cognitive carenti causate dall’insufficienza di esperienza mediata d’apprendimento; creare situazioni che permettano di suscitare, applicare e correggere le funzioni cognitive. Le funzioni cognitive carenti non dovrebbero essere considerate come difetti dell’individuo o caratteristiche immutabili del suo comportamento, ma come modalità di interazione con i compiti che, per qualche ragione, sono inadeguate. Le carenze nell’input sono spesso dovute a un investimento inadeguato dell’attenzione, che rende la percezione confusa e generica; esse si manifestano con un approccio non sistematico, impulsivo, per “tentativi ed errori”: ad alcuni elementi del problema verrà data solo una rapida occhiata, mentre altri saranno analizzati con troppa intensità. Le carenze possono anche essere dovute in parte a una mancanza del bisogno di precisione, o al fatto che i concetti indispensabili sono assenti o inutilizzati. Una delle maggiori difficoltà da superare in input è l’incapacità di integrare due o più fonti di informazioni; un’altra consiste nell’incapacità di percepire la costanza di un oggetto anche quando si verificano dei cambiamenti nelle sue caratteristiche. Nella fase di elaborazione, le informazioni raccolte a livello dell’input vengono elaborate, cioè codificate, trasformate in simboli o relazioni, organizzate, elaborate, paragonate, combinate. I dati diventano la fonte di inferenze che portano alla generazione di informazioni prima inesistenti, che richiedono al bambino di formare un’immagine mentale. La fase di output è probabilmente quella maggiormente responsabile del fallimento nella risoluzione dei problemi e nell’adattamento alle nuove situazioni. Questo è vero soprattutto per le persone che hanno difficoltà di apprendimento e per quelle che raggiungono scarsi risultati, sebbene dotate. Ma i problemi nell’output mascherano anche le capacità dei bambini che, nonostante un rendimento molto ritardato, elaborano in effetti meglio di quanto non appaia dalle loro risposte. In questi casi la modalità di comunicazione egocentrica, la mancanza di strumenti verbali per comunicare e l’impulsività sono spesso le ragioni per cui una corretta elaborazione si trasforma in risposte sbagliate.

2.

Il secondo sotto obiettivo rappresenta il “contenuto” del programma, che mira a insegnare i concetti, le operazioni e le relazioni necessarie ad affrontare ogni compito. Certi concetti devono essere conosciuti per affrontare il programma. Non si tratta di dare informazioni generali e conoscenze culturali ma di fornire solo quanto serve per affrontare uno strumento e gli esercizi. Si tratta di compiti che richiedono l’acquisizione di centinaia di parole nuove correlate con le forme, gli oggetti, le classificazioni, le relazioni e i tipi di operazioni, che devono essere esercitate per permettere allo studente di migliorare la sua capacità di ragionamento.

3.

Creare negli allievi il bisogno intrinseco all’apprendimento: esso si stimola solo attraverso l’acquisizione di un buon funzionamento cognitivo. È importante ricordare che un allievo lavora perché si rende conto di poterlo fare con risultati soddisfacenti. Gli allievi sentono l’esigenza di pensare e ragionare quando si crea in loro l’abitudine a farlo e quando ne vedono i vantaggi. Essi non devono per questo essere sottoposti alla ripetizione ossessiva di alcuni contenuti come il calcolo o l’ortografia, ma ciò che va esercitato ripetutamente sono le strategie di pensiero e le funzioni cognitive. Nel P.A.S. vengono proposti esercizi che richiedono lo stesso principio logico e organizzativo anche se i compiti sono differenti e l’insegnante deve dedicare una parte di lezione proprio a sottolineare il funzionamento e le strategie cognitive necessarie a risolvere il compito o ad affrontare altre situazioni della realtà, che implicano le stesse capacità. L’intento è quello di creare nello studente un bisogno intrinseco di usare le modalità di funzionamento cognitivo che gli sono state insegnate in situazioni diverse. Raramente viene chiesto, a studenti con rendimento ritardato, di usare processi mentali superiori, quali, per esempio, l’analogia e di essere precisi nelle risposte. Si rende imperativo consolidare l’apprendimento acquisito e trasformarlo in un bisogno intrinseco che assicurerà il suo uso a molte circostanze. L’unico modo per fissare le abilità apprese e inserirle in un sistema di bisogni intrinseci è trasformare queste attività un abitudini.

4.

Deve essere favorita la riflessione e la coscienza dei meccanismi cognitivi e delle strategie. Gli educatori devono stimolare negli allievi una tendenza a prendere coscienza dei meccanismi e delle strategie che essi usano per risolvere i problemi: questa riflessione su se stessi come soggetti pensanti è chiamata da Feuerstein “insight”, cioè auto-osservazione guidata dei meccanismi cognitivi. Solitamente i bambini e gli allievi con difficoltà d’apprendimento non riflettono su sè stessi e sulle loro modalità di agire: questa abitudine è invece indispensabile per fare il bridging (ponte) fra le situazioni di vita quotidiana e scolastica in cui possono essere usate le stesse strategie. Gli studenti riflettono sulle strategie cognitive che hanno utilizzato e che li hanno portati al successo, e sulla loro applicabilità in situazioni diverse da quelle sperimentate.

5.

I compiti proposti nel programma consentono di suscitare negli allievi una motivazione orientata sul compito stesso. Gli insegnanti devono favorire il completamento dei compiti mettendosi con l’allievo in una situazione di scoperta e ricerca, pur mantenendo il loro ruolo di guida. Nel tradizionale rapporto insegnante/materia di insegnamento/allievo, il legame fra insegnante/materia d’insegnamento è stretto e l’allievo è distante sia dalla materia che dall’insegnante. Questo tipo di rapporto suscita molte reazioni negative che si trasferiscono dalle materie, in cui si hanno difficoltà, all’insegnante. È importante che chi introduce il programma di potenziamento modifichi questi legami tradizionali.

6.

L’allievo prende coscienza delle proprie modalità organizzative e modifica di conseguenza l’immagine che ha di sè stesso. Supera il senso di passività che gli insuccessi scolastici hanno determinato e il senso di impotenza e di incapacità nei confronti delle attività e dei compagni. La maggiore conquista è l’acquisizione del modello di “persona che può ragionare e controllare l’apprendimento in modo logico”. La maggior parte degli allievi con difficoltà d’apprendimento continua ad usare la memoria per imparare perché non ha acquisito altre abilità organizzative nello studio. Il programma stimola invece proprio la capacità organizzativa e il controllo della situazione d’apprendimento, esso non favorisce la ripetizione riproduttiva ma quella di tipo produttivo, consentendo maggiori possibilità d’intervento degli individui sugli stimoli.

Valutazione del metodo

I risultati dei controlli a distanza attuati in Israele sono senza dubbio degni di attenzione. In uno studio sugli effetti immediati e a lungo termine dell’applicazione del P.A.S. su adolescenti con ritardo mentale e deprivazione culturale, appaiono evidenti le differenze tra il gruppo sperimentale ed il gruppo di controllo trattato con un programma generico di arricchimento secondo i programmi scolastici tradizionali: il gruppo sperimentale si è dimostrato migliore sia nei test d’intelligenza che in quelli cognitivi. È necessario tuttavia mettere in evidenza che, poiché l’obiettivo ambizioso è quello di modificare in maniera durevole la modalità di funzionamento cognitivo del soggetto, i fattori tempo e qualità della formazione sono determinanti per ottenere risultati significativi.
Oggi le tecniche per il recupero del potenziale intellettivo messe a punto da Feuerstein e dai suoi collaboratori all’International Center for the Enhancement of Learning Potential di Gerusalemme fanno parte dei programmi scolastici di vari paesi. In Israele sono 1300 le classi che hanno adottato il P.A.S. all’interno di un progetto pilota avviato 23 anni fa per il recupero di soggetti provenienti da ambienti di svantaggio socio-culturale. L’estensione della sperimentazione ad un così elevato numero di classi ha comportato un ingente sforzo nel settore della formazione degli insegnanti.

Adattamento Tattile

adattamento tattile

Gli strumenti Feuerstein sono stati adattati in versione tattile dal prof. Roman Gouzman, con l’obiettivo di permettere anche alle persone ipovedenti di trarre beneficio dal programma di arricchimento strumentale.

 

Il formato classico “carta e penna” è stato convertito riportando in rilievo le illustrazioni e le altre fonti di informazione presenti nel PAS su una speciale carta munita di microcapsule per mezzo di infrarossi.  La modalità tattile permette al discente di collegare i concetti verbali con immagini percepite in maniera schematica, sviluppare strategie di misurazione e motorio-sensoriali. Le funzioni cognitive maggiormente implicate sono soprattutto quelle riguardanti l’esplorazione sistematica, le relazioni spazio-temporali, la strutturazione e la pianificazione.
Gli strumenti tattili risultano particolarmente efficaci anche nei casi di iperattività e deficit dell’attenzione, dal momento che un’esplorazione limitata agli organi di senso – percezione riduce la confusione creata dagli stimoli esterni e permette di concentrarsi maggiormente sui propri processi mentali. La modalità tattile fa da “filtro” al bombardamento di stimoli a cui le persone iperattive sono sottoposte e comporta un’analisi lenta e sequenziale del compito.

Gli obiettivi sono:

  • aumentare la concentrazione (il discente non può che concentrarsi su uno stimolo alla volta);
  • usare tracce visive e favorire la rappresentazione mentale;
  • rinforzare la memoria a lungo termine;
  • migliorare la capacità di pianificazione.

La versione tattile può infine essere utilizzata anche altri casi, qualora si vogliano sperimentare altri canali di apprendimento alternativi rispetto a quelli uditivi – visivi.

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